di Erica Scatizza
“Soziale und sozialpolitische Fragen sind dabei keineswegs Randthema, wie auch das Generalthema für 2015 „UnGleichheit“ beweist. Trauen Sie sich als Studierende der Sozialarbeit und Sozialpädagogik auch in solche Zusammenhänge”. Con questo invito un mio professore mi ha spinta a partecipare a questo Forum Europeo in Alpbach, che a distanza di settanta anni dalla sua fondazione rappresenta ancora un importante punto di discussione e dibattito, per eminenti esperti e non solo.
Fin dall’apertura dei lavori con il toccante appello dell’attivista etiope Yetnebersh Nigussie: “Migration is certainly the most important ethical question of the 21st century […] As Europeans, we have a great deal of responsibility and must work together to solve this crisis”, mi ha sorpresa il grande coinvolgimento dei giovani borsisti nelle discussioni durante la Seminarwoche e nei vari incontri, firetalks, meeting ecc… ad essa paralleli. Giovani desiderosi di capire e dotati di una grande capacità di saper ascoltare. Questo è quello che ho visto in particolare nella giornata del 30 agosto dove ho assistito a due incontri su due tematiche piuttosto drammatiche. Il primo “Genocide, Terminology, Dimension, Prevention”, trattava del caso, ormai o quasi lasciato alla polvere della storia, del genocidio (una denominazione che ancora fa discutere) degli armeni. Tra le tante iniziative, come ad esempio la creazione di una piattaforma museale online e progetti educativi transnazionali, si è dibattuto in particolar modo sulla questione etico-politica, ovvero della necessità che vi sia una presa di posizione a livello internazionale su questa “spinosa” questione. Si è parlato soprattutto del bisogno di diffondere la consapevolezza e un’opinione comune sulla vicenda, oltre che di individuare a livello giuridico delle responsabilità. Tuttavia quello che è emerso come fulcro centrale della discussione è stata la necessità di svolgere un lavoro di prevenzione; ma la domanda è sorta spontanea… Chi dovrebbe svolgerlo? Chi avrebbe la responsabilità di prevenire ed intervenire onde evitare simili tragedie? Forse più che ad un organizzazione o ad istituzione la risposta andrebbe ricercata dentro noi stessi.
Nel meeting successivo intitolato “Media images vs Reality” si è dibattuto invece di una catastrofe più attuale, ovvero del conflitto in Ucraina, ma per il quale allo stesso modo non sembra esservi una visione comune, sia da parte della comunità internazionale che delle parti coinvolte.
Il tutto viene inoltre veicolato dallo sguardo dei media, la cui lente sempre meno critica prende più le mosse di uno strumento per manipolare l’opinione pubblica. Si è parlato comunque molto in generale dell’argomento e sono state mostrate poche immagini di TV e giornali ucraini relative alla situazione attuale.
Ciò che è stato maggiormente significativo è stata la testimonianza di una borsista ucraina, Kateryna Shkel, che ha raccontato davanti un aula gremita di persone la sua tragedia personale. Nel conflitto infatti hanno perso la vita suo padre e sua nonna, ma nonostante questa enorme disgrazia che ha segnato la sua vita Kateryna non ha smesso di credere nella bontà e nelle possibilità del genere umano… Ammiro molto la sua incredibile forza e penso che la sua testimonianza possa ben essere un invito rivolto a tutti noi come quello fatto dalla disegnatrice e attivista inglese Vivienne Westwood. La Westwood ha raccolto un fragoroso applauso da tutta una sala concludendo così l’incontro “InEquality as Elixir of Life” la sera del 3 settembre :“Wenn es sein sollte, dass die Menschheit in unserer Zeit zu Grunde geht, dann hat jeder die Pflicht, jetzt aus seinem Leben etwas zu machen, sich auf das Leben einzulassen und sich in der Welt zu engagieren. Ich glaube noch daran, dass sich die Menschheit weiterentwickelt”.
Credo che questo sia fondamentale, cioè da parte di tutti noi di prendere posizione, essere attivi e coinvolti, di assumersi la responsabilità, ma soprattutto di partecipare alla vita, viverla davvero incontrando tante persone, nuovi e vecchi amici, che desiderano realmente conoscerci, come ho potuto fare grazie a questo Forum.
Bisogna essere curiosi verso l’altro, vederlo come un’opportunità per guardare con occhi diversi anche noi stessi. Questa è una sfida che spaventa molti soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo fatto di crisi e di disperazione. Durante una break-out session inoltre ho incontrato una giovane traduttrice ucraina; stava lavorando a un libro sul disagio sociale nel suo paese, non quello relativo al conflitto, ma riguardante problematiche come la povertà, la droga ecc…A suo parere il suo testo accompagnato ad iniziative di story-telling avrebbe aiutato le persone ad aprirsi, a sviluppare la loro sensinbilità, a superare gli stereotipi su queste tematiche, e non da ultimo a divenire più solidali, soprattutto in un momento storico così tragico per il suo paese. Conoscere e conoscersi è la chiave di volta per superare barriere e problemi…di questo alla fine della sessione, nel piccolo gruppo di cui ero parte ne eramo tutti conviti.
Guardare l’altro come a una minaccia limita di molto le nostre possibilità e per questo dobbiamo fare l’opposto, sfruttare l’occasione di conoscerlo, anche per un breve periodo, poiché questo ci porta a sviluppare la nostra visione del mondo. Questa è una lezione che più di tutti ha incarnato Isaac…Isaac è stato un mio compagno di studi durante la summer school “Teach for Austria”. E’ morto tragicamente a soli 23 anni annegando in un lago, in un momento in cui come tutti noi, si godeva il favoloso paesaggio di Alpbach. Mi ricordo che a chiusura della summer school disse di aver partecipato con qualche riserva, poiché venendo dal Ghana avrebbe avuto delle difficoltà a confrontarsi con il contesto europeo, ma era sicuro che avrebbe comunque potuto dare il suo contributo. Convinto che sarebbe potuta essere una bella esperienza, comunque fosse andata…
Grazie Isaac è stato bello fare un pezzo di strada con te 🙂